Genitori immaturi e social network
Giusto escludere dall’affidamento condiviso il padre che pubblica su Facebook il tema della figlia a sua insaputa. Questo ed altri comportamenti denotano l’assenza di “matura consapevolezza del suo ruolo genitoriale”. Corte di cassazione, ordinanza n. 32876/2022


Nel 2011, due coniugi si sono separati ed è stato disposto l’affidamento condiviso della loro figlia piccola, fino a quando il padre non è stato ricoverato presso una clinica a causa di problemi con alcol e droghe.
La madre ha dunque chiesto l’affidamento esclusivo della figlia ed il Tribunale glielo ha concesso, disponendo che il padre poteva vedere la bambina durante incontri protetti alla presenza dei servizi sociali.
Dello stesso avviso sono stati i Giudici della Corte d’appello dell’Aquila, i quali hanno argomentato che il padre “non aveva acquisito una matura consapevolezza del suo ruolo genitoriale, avendo fatto ascoltare senza remore agli altri (…) un dialogo molto intimo tra lui e la figlia. Aveva poi pubblicato su Facebook un tema della figlia a sua insaputa, tanto che la piccola si era sentita tradita. Aveva tentato, poi, di sminuire il proprio passato in cui aveva fatto uso di droghe e alcol”.
La versione del padre
Il padre, non rassegnatosi, ha depositato un nuovo ricorso volto a limitare la responsabilità genitoriale dell’ex moglie, sostenendo, tra l’altro:
· che i nonni materni erano incapaci di prendersi cura della minore;
· che la madre aveva omesso di informarlo del ricovero della figlia in ospedale nel febbraio 2020;
· che la madre esponeva continuamente la figlia a pericoli per la salute;
· che la madre non controllava la figlia nell’uso di social network vietati ai minori di 13 anni.
Ritenendo infondati ed irrilevanti i fatti dedotti dal padre, La Corte d’Appello ha rigettato il ricorso.
La decisione della Corte di cassazione
Il padre allora ha proposto ricorso per Cassazione, facendo presente alla Corte che la figlia minore, nel frattempo diventata ultra-dodicenne, non era stata ascoltata dai Giudici d’appello prima di prendere la decisione.
I Giudici della Cassazione hanno rigettato il ricorso, sulla base dell’accertata immaturità del padre e con riguardo all’audizione della minore hanno ritenuto che ascoltare una ragazzina, all’epoca dodicenne non sarebbe stato opportuno “proprio per il forte dolore provocatole dalla narrazione di fatti che vedevano il proprio padre agire continuamente in giudizio nei confronti della madre. Sarebbe stata questa, allora, la nuova ed ennesima occasione in cui la minore avrebbe avuto piena consapevolezza dell’atteggiamento del padre nei confronti della madre”.
Alcuni estratti della consulenza tecnica d'ufficio
Il consulente tecnico incaricato in appello così ha scritto: “è inoltre emerso il profondo senso di disagio e frustrazione, nonché il senso di colpa, sviluppati dalla minore in relazione alle numerose denunce, azioni e diffide proposte dal padre contro la madre”. La bambina ha riferito al consulente: “mi preoccupa vedere queste cose… non chiedo niente a papà perché ho paura… non chiedo per non sentire, non chiedo altro per non sentire, mi basta leggere i titoli, già questi mi mettono paura!” Aggiungendo poi di piangere spesso: “…piango anche ora… se io non ci fossi…(abbassa la voce)… così mamma non veniva denunciata papà…”